Etimologie o Origini by Isidoro di Siviglia

autore:Isidoro di Siviglia
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2012-12-31T16:00:00+00:00

II. DELLE ETÀ DEGLI ESSERI UMANI.

[1] I gradi dell’età sono sei: infanzia, fanciullezza, adolescenza, giovinezza, maturità e vecchiaia. [2] La prima età è l’infanzia, da quando il bambino viene alla luce sino al compimento del settimo anno. [3] La seconda età è la fanciullezza, chiamata puerizia in quanto pura e non ancora idonea per procreare: dura sino al compimento del quattordicesimo anno. [4] La terza è l’adolescenza, età adulta ad gignendum, ossia adulta per generarer, arriva sino ai ventotto anni. [5] La quarta è la giovinezza, che è l’età più di ogni altra forte e che termina a cinquanta anni. [6] La quinta è l’età della persona anziana, ossia la maturità, che segna il declivio che porta dalla giovinezza alla vecchiaia: non è ancora vecchiaia, ma non è più gioventù, in quanto età propria appunto della persona anziana, che i Greci chiamano πϱεσβύτης. Vecchio, infatti, in Greco non si dice presbyter, ma γέϱων. La maturità va dal compimento del cinquantesimo anno sino alla fine del settantesimo. [7] La sesta età è la vecchiaia, non compresa in un arco di tempo determinato: dopo le cinque età sopra menzionate, quantunque rimanga di vita appartiene alla vecchiaia. [8] L’ultima parte della vecchiaia è chiamata senium, in quanto termine della sesta età. I filosofi, dunque, hanno suddiviso la vita umana entro questi sei spazi di tempo in cui essa muta per giungere correndo al termine della morte. Passiamo quindi in rassegna, brevemente, i suddetti gradi delle età, mostrandone le etimologie con riferimento ai nomi dati all’essere umano. [9] Infante è l’essere umano nella sua prima età, così chiamato in quanto ancora nescit fari, il che significa non è capace di parlare: non essendo, infatti, ancora bene in ordine i denti, la possibilità di articolare le parole è minore. [10] Il fanciullo è chiamato puer per la sua purezza: è infatti puro ed ancora privo della prima peluria o lanugine delle guance. Sono tali gli efebi, che prendono nome da Febo42, non ancora uomini [cresciuti], ma giovinetti imberbi. [11] Il termine puer si utilizza in tre accezioni. Con riferimento alla nascita, come in Isaia: «È nato per noi un puer»43; con riferimento all’età, come nel caso di un bambino di otto o dieci anni, donde il noto verso:

Già sopportava sulla tenera cervice il giogo puerile;

con riferimento all’osservanza ed alla purezza della fede, come quando il Signore dice al profeta: «Tu sei il mio puer, non avere paura»44, sebbene Geremia avesse già da lungo tempo superato gli anni della fanciullezza. [12] La fanciulla è chiamata puella, che significa piccolina, quasi pulla, ossia animalino, pulcino. Da qui anche il nome dei pupilli, non riferito tanto ad una condizione quanto all’età puerile. Il nome pupillo sta quasi a dire sine oculis, il che significa privo di occhi, ossia dei genitori: pupilli, propriamente, sono infatti chiamati i bambini i cui genitori siano morti prima di dar loro nome. Gli altri sono detti orfani, che è sinonimo di pupilli: di fatto, l’uno è nome greco, l’altro latino. Per esempio, nel salmo in cui si legge: «Tu porterai soccorso al pupillo»45 il Greco ha ὀϱφανῷ.

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